Ho proprio voglia di parlare di lei, dopo giorni di silenzio (non riuscivo ad accedere a Google+ da Thom) e riflessione sui suoi libri, ho scelto di parlare della maestra dei miracoli. O almeno così è chiamata dalle altre persone.
Di chi parlo però?
Di Torey L. Hayden (non ricordo il nome intero, però è conosciuta nel modo in cui l'ho scritto io, se cercate su Wikipedia trovate delle info su di lei)
Insegnante per bambini definiti "difficili", appassionata di mutismo elettivo e di bambini complessi. Non sempre è riuscita ad aiutare tutti, talvolta i problemi fisici o le sindromi psichiche erano impossibili da migliorare, ma le volte in cui ha trovato le cause di molti problemi...beh, la chiamano "maestra dei miracoli" per qualcosa, no?
I suoi libri, dove narra delle esperienze che ha avuto con bambini più o meno autistici sono veri, duri e talvolta dolorosi.
Bambini che hanno vissuto situazioni orripilanti, costretti a fare cose che un bambino non dovrebbe mai fare. O ancora piccoli che vengono schiacciati dai "grandi", che li vogliono come gli altri, li vogliono "normali"
Negli ultimi quattro giorni ho letto due suoi libri su questo tema, ne ho iniziati altri due che invece sono un po' diversi.
E prendono, prendono un sacco.
Anche quando stai male, perché non puoi evitare di sperare in un finale migliore.
Alla fine se lo meriterebbero tutti, un lieto fine.
Tornando a Torey, i suoi metodi a volte sono strani. E lo sa.
Ma adoro come tratta i bambini. Come riesce ad amarli, a tal punto da cambiargli la vita. E, una parte di me, vorrebbe essere come lei.
Se non si leggesse sotto, c'è scritto "Cassandra e Drake, due famiglie diverse, sue mondi lontani, abusi e privilegi: due bambini difficili salvati alla maestra dei miracoli"
La storia di Cassandra comincia più indietro, c'è un altro libro che parla di lei e va letto prima di questo. Ora non ricordo quale sia - ce ne sono troppi e la mia memoria è quel che è - però se vi sembra interessante vi consiglio di perderci quei cinque minuti in una ricerca su internet. Per me ne vale la pena.
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